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Fantozzi, l’albicocco al curaro e Borges: come collezionare i libri che non esistono

Fantozzi, l’albicocco al curaro e Borges: come collezionare i libri che non esistono

 

di Marco Urbani

In molti ricorderanno L’albicocco al curaro, il libro giallo che il rag. Fantozzi riporta alla stazione alla contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare; la scena in cui, non riuscendo a raggiungere il treno già partito, il ragioniere urla alla contessa il nome del colpevole: tal Dylan Chesterton Junior.

Se uno dei motivi per non leggere questo giallo è sicuramente che il ragionier Fantozzi ha spoilerato l’assassino, un altro motivo, sicuramente più rilevante, è che un libro con questo titolo non esiste.

L’albicocco al curaro, infatti, è uno dei tantissimi pseudobiblion: libri immaginari che esistono solo come titoli nelle pagine di opere narrative autentiche.

Altri pseudobiblion meno popolari sono: Passeggiate di un sinologo di Peter Kien (da Auto da fé di Elias Canetti); Il pesciolino nascosto di D.B. Caufield (da Il giovane Holden di J.D. Salinger); Mitologia comparata tra Europa e Messico di Geoffrey Firmin (da Sotto il vulcano di Malcom Lowry); Il cagnolino rise di Arturo Bandini (da Chiedi alla polvere di John Fante) e i tantissimi pseudobiblia disseminati nelle pagine di Jorge Luis Borges.

Borges può essere considerato il padre di tutti gli pseudolibri; non solo perché nelle sue opere sono presenti in gran quantità ma, soprattutto, perché un reparto dedicato agli pseudolibri può trovarsi solo nelle sale esagonali della biblioteca di Babele, l’universo onirico inventato proprio da lui.

Di libri che non esistono, dai “grimori” ai “libri maledetti”, dal Necronomicon agli immaginifici pseudolibri di Borges, dal Trattato dei Tre Impostori alle Stanze di Dzyan,si occupa il manuale di Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco: Pseudobiblia. Libri che non esistono, Bietti Edizioni – 2020, pp.108.

Il manuale riprende un vecchio saggio apparso in appendice a: “I libri maledetti” di Jacques Bergier (Mediterranee, 1972).

Ad associare per la prima volta il nome pseudobiblion a questi libri fantasma è stato lo scrittore statunitense Lyon Sprague de Camp, nell’articolo The Unwritten Classics (in italiano: I classici mai scritti), pubblicato su The Saturday Review of Literature nel 1947.

Il reparto degli pseudolibri si è ingrandito quando i libri che esistono solo in altri libri, si sono imparentati con altre categorie di libri anche loro in bilico tra l’esistenza e la non esistenza.

Tra questi ci sono i libri che sono esistiti ma non ci sono più, magari inghiottiti dietro qualche curva della storia o distrutti.

I libri apocrifi.

I libri che inizialmente non esistevano ma poi sono esistiti, ad esempio Il Manuale delle Giovani Marmotte, pseudolibro della Disney ideato nel 1954 da Carl Barks, poi diventato un libro vero per la Mondadori nel 1969.

Infine, i libri che esistono ma è come se non esistessero: ad esempio il manoscritto anonimo che secondo Alessandro Manzoni ha raccontato per primo la storia di Renzo e Lucia o il manoscritto che Umberto Eco dice di aver avuto fra le mani nell’agosto del 1968, nato dalla penna di un certo abate Vallet e che conteneva le memorie del monaco tedesco Adso da Melk.

In conclusione, l’auspicio è che i libri che non esistono rimangano, per dirla come Borges, delle Finzioni, e che questo reparto immaginifico non venga pian piano popolato dai libri che un tempo sono esistiti ma che, per qualche ragione, hanno cessato di esistere.

E’ un timore legittimo nell’epoca della letteratura di consumo.

Certamente era un timore anche quando, nelle varie epoche i libri venivano censurati e bruciati più di quanto avviene oggi ma, permettetemi, in quel caso la minaccia era quantomeno evidente; infatti, dove sono stati fatti roghi di libri in genere sono stati anche fatti roghi di uomini.

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