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I viaggi del Settembrino: la metafora di un’iniziazione

I viaggi del Settembrino: la metafora di un’iniziazione

«Ce ne erano di persone che viaggiavano; li chiamavano turisti, ma tutti sapevano che erano
qualcos’altro…»

Inchiostro da oggi ospita I viaggi del Settembrino, una rubrica nata da un’idea di Marco Urbani e Alessandro Marzetti.

Una rubrica che, attraverso le storie, le pagine dimenticate, le riflessioni, i panorami umani e non umani, ha la volontà di creare nuove prospettive con cui osservare i luoghi.
Un’attenzione particolare sarà dedicata agli itinerari letterari, ai percorsi reali o immaginari legati alla vita e alle opere della Grande Letteratura.

Per ulteriori approfondimenti, per una rassegna stampa dedicata e per un contatto diretto con gli amministratori, al fine di ricevere eventuali chiarimenti su itinerari citati nella rubrica, è possibile iscriversi alla pagina Facebook: I viaggi del Settembrino (@settembrinoviaggi) su questo link: https://www.facebook.com/settembrinoviaggi

Chi è il Settembrino?

Se il viaggio dell’Ulisse omerico è una metafora della vita, punto di incontro di diverse correnti e predisposizione alla conoscenza, quello che rimane misterioso è il senso di questo status viatoris.

Siamo viaggiatori, turisti o Settembrini?

Il viaggiatore, secondo il nucleo etimologico via contenuto nella sua derivazione provenzale viatge e latina viatĭcum, non ritorna al punto di partenza; proprio come il protagonista del romanzo Vita di un perdigiorno, 1826, di Joseph von Eichendorff, che viaggia per il mondo lasciando che la sua vita sia plasmata solo dagli eventi, -bottiglia senza tappo, messa sotto l’acqua nel fiume, riempita solo da ciò che l’acqua portava- Goethe.

Se rispetto alla vita siamo dei viaggiatori, la vita non è altro che uno sfilacciarsi dell’essere, perdersi meta dopo meta senza un ritorno, senza un riferimento dove misurare il proprio cambiamento.

Il destino del viaggiatore, quindi, è quello di trasformarsi in Nessuno che, se in una prima lettura è lo stratagemma che l’astuto Ulisse inventa per sfuggire al Ciclope, in seconda lettura è il vero nome di Ulisse rispetto alla sua condizione di peregrino, lontano dalle sue radici.

Il turista, secondo la sua etimologia tour (giro), è colui che, al contrario del viaggiatore, compie un giro e quindi ritorna al punto di partenza.
Se rispetto al viaggio della vita siamo dei turisti, vuol dire che il nostro destino è quello di un cieco ritorno che vanifica tutte le esperienze, tutti i cambiamenti, tutta la nostra crescita.

Per il Settembrino, invece, il viaggio è la metafora di un’iniziazione.
Una vera iniziazione che non sta nella sterile forma del rituale ma nell’autentico e profondo cambiamento che avviene in lui prima e dopo il viaggio.
Il Settembrino torna alla sua routine, a rivedere il solito albero là sul versante (Rilke) ma per lui il viaggio è stata la creazione di nuove prospettive con cui guardare i luoghi; il modo privilegiato, forse l’unico modo, per vedere il reale.
Eloquente in tal senso è la scena del capolavoro di Wim Wenders: Il cielo sopra Berlino, quando i due angeli Damiel e Cassiel si ritrovano, come entità invisibili, a raccontarsi quello che hanno osservato,
ascoltato, in parole e pensieri, dai berlinesi: una passante, che sotto la pioggia chiuse di colpo l’ombrello, lasciandosi bagnare tutta. Ah, ecco: uno scolaro, che descriveva al suo maestro come una felce nasce dalla terra. Ha fatto stupire il maestro. Una cieca, che quando si accorse di me si mise a tastare l’orologio.
Queste parole, pronunciate dall’angelo Damiel, sono proprio quelle che si possono immaginare sul taccuino di chi vive il viaggio come un’iniziazione; il viaggio come uno stato angelico in cui c’è una diversa percezione del reale, un cuore più leggero che fa diventare visibile ciò che è coperto dal panno grigio della quotidianità In quel cuore meno saldo, entra più facilmente la musica del mondo (Camus).

Il Settembrino solleva il manico dei trolley come un collo di giraffa, cammina con i passi pedinati da un suono di rotelle che mulinano sull’asfalto, si ammutoliscono sui tappeti, sbalzano sull’acciottolato.
Arrivato a destinazione, appoggia appena lo sguardo sulle cupole d’oro che le guide gli incorniciano come “cose da vedere”, “cose da non perdere” e scompare in fretta dentro vicoli stretti come vene.
Puoi scrutarne per caso le ginocchia piegate nel retro di qualche libreria, la maglia che allaccia intorno alla vita, i capelli che spuntano dai filari di qualche vigneto.
Benché il suo spirito sia ancora lontano dai grandi cambiamenti, quando torna a casa non riesce a nascondere le piccole modificazioni del suo animo: l’istinto di dare del tu ai suoi superiori, la strana confidenza con la foto di uno scrittore che lo guarda da un altro secolo e il turbamento ascoltando un telegiornale che parla di alcuni fatti inquietanti nel luogo dove lui ha fatto il viaggio.
Il suo occhio, infatti, sa cosa c’è oltre l’inquadratura della telecamera del tg, ricorda le facce, ha sentito gli odori.

Se rispetto alla vita siamo dei Settembrini, l’uomo è come un’ape che vola su un fiore, prende il polline e ritorna per accrescere il proprio alveare.
Così, anche il fiore dove ha preso quel polline, gli sembrerà un nuovo fiore.

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